Care studentesse, cari studenti, molto spesso accade che un numero elevato di candidati arrivi impreparato o solo parzialmente preparato all'esame, seguendo la logica del "tentare" l'esame, confidando nella buona sorte o nella teoria delle probabilità. Questo non è un approccio professionale degno di un futuro ingegnere. Gli esami non si "tentano". Un esame è un semplice momento di verifica, da parte della commissione, delle competenze acquisite dallo studente. Se lo studente si è preparato in modo coscienzioso e su tutto il programma, il tutto si risolve senza alcun problema, con grande leggerezza e in pochi minuti. Se viceversa la preparazione è scarsa e approssimata, l'esame diventa una sofferenza per entrambi i soggetti, candidato e commissione. Nel preparare un esame bisogna porsi come obiettivo quello di avere tutto il programma sotto controllo, senza punti oscuri, senza argomenti che non si sono interiorizzati o, peggio, senza parti di programma che non si sono studiate. Per studiare un argomento non è sufficiente "leggere" una volta quanto riportato sul libro, sugli appunti o sulla dispensa. Bisogna aderire al concetto e dominarlo completamente, sviluppare una sua piena comprensione e produrre anche uno sforzo di memorizzazione, che consentirà, al momento della prova orale, di sviluppare gli argomenti senza intoppi, tentennamenti o vuoti di memoria. L'insieme di queste buone pratiche è ciò che sinteticamente si indica con il verbo "studiare". Se ci si imbatte in un punto oscuro, dubbio o di difficile comprensione, bisogna fermarsi, risolverlo e non occuparsi di altro finché non lo si è superato. Per risolverlo si può chiedere aiuto a un altro studente o ai docenti del corso. Solo a quel punto si potrà continuare e completare la preparazione. Si rifletta sulla circostanza che lo scopo dello studio non è il superamento dell'esame, bensì l'acquisizione di conoscenze e competenze nella disciplina oggetto di studio, funzionali alla professione di ingegnere. E la funzionalità di cui sopra non va intesa solo come mera applicazione irriflessa di quanto appreso, quanto piuttosto come capacità di astrazione, di generalizzazione, di innovazione e di originalità, che sono i caratteri che distinguono un buon ingegnere da un buon tecnico. E' questo il motivo per cui il percorso della laurea triennale di Ingegneria Elettronica e Informatica ha un solido nucleo di discipline di base, che costituiscono il naturale ambito nel quale esercitare tutte queste facoltà astratte, al di là dell'uso effettivo del singolo concetto, teorema o esercitazione. Un ingegnere deve avere tutto sotto stretto controllo; non può permettersi errori, approssimazioni, pressapochismo, sciatteria o di non sapere quale sarà l'esito di una sua azione; gli sarà infatti affidata, un giorno, una responsabilità professionale e sociale e un suo errore potrebbe costare caro alla comunità e/o danneggiare gravemente qualcuno o qualcosa. Discorso specifico merita lo studio della programmazione. Così come accade per lo studio delle lingue naturali, anche quelle artificiali dei linguaggi di programmazione necessitano di molto esercizio e di uno studio metodico, sistematico e prolungato nel tempo. Ciò significa che non ci si può improvvisare programmatori, ma si diventa tali solo a seguito di un periodo congruo, nel quale sono stati messi in azione, nei vari esercizi e programmi, tutti i costrutti sintattici, semantici e le peculiarità del linguaggio oggetto dello studio. Cordiali saluti e buono studio a tutti F. Fabris