Textes pour la préparation à l'épreuve de traduction, n° 1 et n° 2.

Textes pour la préparation à l'épreuve de traduction, n° 1 et n° 2.

di DOMINIQUE MARC COSTANTINI -
Numero di risposte: 0

LINGUA FRANCESE I, 2016-17

 

 

Textes pour la préparation à l'épreuve de traduction

 

 

 

 

Texte n° 1 (à remettre le 1er décembre 2016)

 

(Prova scritta di I anno del 25 gennaio 2016)

 

           

            In treno nell'alba verso Polesella, ho cominciato il viaggio alla ricerca del paese dove è nata mia madre senza saper bene dove andavo. Sapevo solo approssimativamente in che zona fosse quel paese e non l'avevo trovato su nessuna mappa stradale; contavo di comprare per strada una cartina a scala più grande per localizzarlo.

            Prima di salire sul treno, a Ferrara, avevo visto un tizio in piedi mezzo addormentato che sollevava faticosamente le palpebre ogni volta che qualcuno entrava nella stazione , poi le palpebre ogni volta gli cadevano e la testa gli crollava con un lieve sussulto. Dopo, a Polesella, scendendo dal treno, mi sono trovato in mezzo a gente con la stessa aria traballante; gente che s'era alzata come me all'alba con l'impressione d'essere in un luogo sconosciuto, era uscita di casa semicosciente di gesti ripetuti e abitudini attaccate al corpo, e si ritrovava là fuori pronta ad andare dovunque. Nel bar della stazione degli uomini stavano a scatarrare accendendosi le prime sigarette.

            Quando ho chiesto dov'era il centro di Polesella, dei ragazzi seduti sulle sedie all'esterno d'un bar mi hanno risposto sghignazzando che il centro era lì. Quei ragazzi avevano capelli lunghi e giubbotti jeans, fumavano ridendo e schiamazzando e mangiando popcorn alle otto del mattino.

 

            Da Gianni CELATI, Narratori delle pianure, 1985.

           

 

 

 

 

Texte n° 2 (à remettre le 15 décembre 2016)

 

 

            Vorrei farti questo racconto a occhi chiusi, raggomitolata fra le trasparenti presenze che amo e con le quali vivo, nello sfondo fatto di paccottiglia ottocentesca. Anche perché fino alla prima guerra mondiale per me non fa differenza: i cannoni, le trincee in cui vedo mio padre ragazzo, il fango delle retrovie hanno diviso il tempo: ciò che viene dopo è vero, ciò che è avvenuto prima è favola.

            Investita dal mio pensiero di guerra, la contessina Marianna si è messa le mani davanti alla faccia e piange. Il suo grembiulino è sgualcito, la treccia sussulta, ha gli occhi pieni di paura. Non mi vede più. Si ritira dalla realtà che le ho dato. La guerra è ancora lì da venire[1] eppure scappa rapida in un gorgo di vento. Io la rincorro per strade notturne e silenziose con rimorso e affanno, in un incubo. La guerra che la cerca per ucciderla sono io. Non riesco a parlare, sento però il tonfo del mio cuore. Le chiedo scusa da lontano, senza voce...

            Con uno strattone si squarcia il sipario sul giardino del suo palazzo: saltella in sentieri di ghiaia, coglie le margherite e insegue le farfalle come la vispa Teresa. Corre nel grano maturo dei campi che circondano la villa di campagna, fa le capriole, sta sull'aia con i contadini. Gioca a chiapparelli[2] tra i gelsi. I cavalli nitriscono nelle stalle. Pigia l'uva nei tini. S'acquatta nei covoni e i fratelli non la trovano più.

           

            Da Francesca SANVITALE, Madre e figlia (Torino 1980, pp. 6-7).

 



[1] trad.: "deve ancora venire".

[2]  a chiapparella: fr. à attrape-moi.