Testi per la preparazione alla prova scritta di traduzione dall'italiano (testi

Testi per la preparazione alla prova scritta di traduzione dall'italiano (testi

di DOMINIQUE MARC COSTANTINI -
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Lingua francese I

Allenamento alla prova di traduzione dall'italiano, testi del 2° semestre.

 

Testo n. 1 (da riconsegnare il 9 marzo 2017)

 

            L'ambulatorio stava al piano terra della nostra casetta della Friedrichstrasse, ci passavo quasi l'intera giornata, dalle prime ore del mattino alla sera. Al piano di sopra sentivo il passo lieve di Martha, che si muoveva nella camera per rifare il nostro letto; la sentivo passare in salotto, e anche qui sapevo ogni suo gesto: spolverare i libri della scansia, rimettere a posto i fiori finti nel grande vaso azzurro di Murano al centro del tavolo, spazzare le mattonelle di maiolica. Ed eccola in cucina, col rumore attutito delle stoviglie; lo scatto del fornello elettrico, il sapore denso del caffè.

            E poi lo scroscio dell'acqua nella stanza da bagno. Non sentivo il fruscio del pettine sui suoi capelli bagnati, biondi, abbandonati sulle spalle, ma riuscivo a indovinarlo. Di lì a pochi minuti Martha sarebbe apparsa, pulita e fresca, sull'uscio dell'ambulatorio per salutarmi prima di uscire al mercato. Con la borsa di pelle infilata al braccio, più simile ad una studentessa che ad una massaia, mi avrebbe guardato con una luce di gioia negli occhi. Sarebbe scomparsa quasi fuggendo, e correndo sarebbe rientrata e salita in cucina. Da quel momento io potevo seguire le sue operazioni ai fornelli sino all'ora del pranzo.

 

            Da Marcello VENTURI, Vacanza tedesca, 1959.

 

 

            Testo n. 2 (da riconsegnare il 23 marzo 2017)

 

            Alle 19.30 la ragazza era davanti al commissario, col padre che aspettava davanti la porta della caserma; e alle 21 la futura suocera si recava a casa della ragazza in compagnia di due sue amiche, restituiva un orologio da polso, un portachiavi, una cravatta e dodici lettere e reclamava l'immediata restituzione di un anello, un bracciale, un velo da messa e dodici lettere. E velocemente sbrigata la cerimonia, che senza remissione scioglieva il fidanzamento, la vecchia ex futura suocera vi mise maligno suggello con l'esortazione «Trovatevi un altro cretino» implicitamente proclamando che suo figlio intelligente non era, se si era messo a rischio di affidare il proprio onore a una che aveva avuto tresca col farmacista. L'esortazione strappò gemiti di vergogna e di rabbia alla madre della ragazza e ai parenti che erano accorsi.

 

            Da Leonardo SCIASCIA, A ciascuno il suo, 1966.

 

 

            Testo n. 3 (da riconsegnare il 6 aprile 2017)

 

            Nuovi italiani, nuovo italiano. Gli immigrati e, soprattutto le seconde generazioni, arricchiscono la nostra lingua di suoni, accenti speziati e immagini lontane. Basta leggere le pagine dei romanzi scritti in italiano da Amara Lakhous (Algeria), da Igiaba Scego (Somalia) e da Claudiléia Lemes Dias (Brasile) per rendersi conto di quanto sia fruttuosa questa contaminazione: una sintesi linguistica che apre la strada alla conoscenza reciproca. Il rapporto tra la lingua madre e quella adottiva (l'italiano) è stato al centro del convegno organizzato dall'Unesco in occasione della Giornata della Lingua Madre. Una riflessione necessaria per il nostro Paese che, in pochi decenni, «da terra di emigrazione » si è trasformato nel primo lembo di accoglienza per i tanti alla ricerca di una vita migliore. «La scelta di scrivere nella lingua di adozione mette in contatto le culture, crea ritmi inediti e smaschera i luoghi comuni - afferma Giovanni Puglisi, presidente della Commissione nazionale italiana per l'Unesco -. I tre autori hanno storie differenti, ma hanno saputo generare armonia, dando vita a una lingua italiana che contribuisce alla costruzione di un vero dialogo interculturale». Per dialogare, però, è necessario partire dalla lingua. «È essenziale non cancellare la propria identità e il proprio passato - dice Giuseppe Antonelli, docente all'università di Cassino - l'omologazione crea disagio e spaesamento e il cosiddetto "semilinguismo" è uno dei rischi maggiori delle società aperta ». «In Algeria c'è l'abitudine di chiamare mamma anche le zie, e quindi sono cresciuto con tre madri. Sono tre anche le mie lingue madri: il berbero, l'arabo e l'italiano che mi ha accolto e protetto da quando sono arrivato 15 anni fa. Scrivo con l'intento di avvicinare le culture, arabizzando l'italiano e italianizzando l'arabo» racconta Lakhous, autore di due romanzi che hanno riscosso un buon successo. «Anche noi siamo italiani, dice Igiaba Scego, ma di fatto non abbiamo diritti. Molti non hanno nemmeno la cittadinanza per colpa di una legge vergognosa. In effetti, in Italia il 7% della popolazione è straniera, ma sono meno di 50mila all'anno le persone che acquisiscono il passaporto. «In Brasile è l'opposto: chi nasce nel nostro paese ha già la cittadinanza e può da subito contribuire alla cultura nazionale » aggiunge Clausiléia Lemes Dias.

            Carlotta DE LEO in «Il Corriere della Sera », 22 febbraio 2011.

 

 

 

            Testo n. 4 (da riconsegnare il 20 aprile 2017)

 

            Attraverso il vetro del finestrino, oltre la polvere sollevata dalle ruote delle carrozze che viaggiavano davanti alla sua, Giuseppina Crispi guardava a quella Sicilia di cui, da quando era al mondo, non aveva sentito raccontare che meraviglie; tutti quelli che ci erano nati e anche sua madre, anche suo padre Francesco Crispi ne parlavano come di una terra meravigliosa e fantastica, dove tutti gli estremi si toccano e riescono a convivere, tutte le bellezze del creato si manifestano davanti agli occhi increduli del viaggiatore... Ciò che lei invece stava vedendo, da parecchi giorni, era il paesaggio più desolato e monotono che si potesse immaginare, per lo meno in Italia; una campagna affogata nella polvere e già brulla prima ancora che l'estate fosse iniziata: in primavera, la stagione più bella dell'anno! Dappertutto si vedevano colline grigie o gialle, senza un albero... Era quella la favolosa Sicilia? Tre anni prima, nel 1891, quando lei era venuta a Palermo con il padre per visitare l'Esposizione nazionale, la sua impressione era stata diversa: il passeggio in carrozza alla Marina, i teatri, i balli, la vita di società non l'avevano delusa, anzi le era sembrato che il bel mondo siciliano reggesse il confronto con quello napoletano e con quello romano.

 

            Da Sebastiano VASSALLI, Il cigno, 1993.                                                                    

           

 

            Testo n. 5 (da riconsegnare il 10 maggio 2017)

 

            Circa dodici anni fa avevo messo su per mio divertimento una specie di gabinetto di chimica, ove mi appassionavo a tentare esperienze col segreto proposito di trovare la sostanza di contatto tra il mondo fisico e il mondo spirituale. Un giorno, d'improvviso, me la trovai tra mano, quella sostanza: fu ognuno lo capisce, l'invenzione più miracolosa che possa immaginarsi. Era una polverina, che raccolta nel cavo della mano non seppi giudicare se fosse calda o fredda: era impalpabile e imponderabile, pure anche a occhi chiusi la mia mano la percepiva: era incolore e visibilissima. Mi dava, il tenerla a quel modo, una specie di ebbrezza : è da notare che l'ebbrezza è appunto la condizione intermedia, e come di contatto, tra la sensazione di una realtà fisica e lo stato d'animo puramente immaginativo.

            Tale era la sostanza, come subito intuii, e come potei riconoscere in breve, quel giorno stesso, per caso, lungo una serie di fenomeni oltremodo curiosi che intorno a me si produssero, e che voglio raccontare per vedere chi ci crede.

            Era d'estate, in un piccolo paese pieno di sole, che sta in mezzo a una pianura d'Italia.

            Chiusi la polvere in una cartina, la misi nel portafogli. In questo atto m'accorsi che non avevo più danaro ; ne cercai invano in tutte le mie tasche. Io non avevo ancora capito quali potessero essere gli effetti delle virtù di quella polvere e immaginai rapidamente una serie d'esperienze costose per riconoscerli. Era mezzogiorno. Mi si ponevano due problemi di natura finanziaria: trovare il danaro per andare a pranzo, e quello per fare le esperienze. Il secondo assorbiva il primo. Uscii di casa, nel sole, con la mia polvere in tasca. Le strade erano vuote. I miei passi risuonavano sui lastrici battuti dalla fiamma del cielo.

 

            Massimo BONTEMPELLI, Il buon vento (in Mia vita, morte e miracoli), 1931.