CODICE PENALE

 

«Art. 52 (Difesa legittima). — Non è punibile chi ha commesso il

fatto, per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto

proprio od altrui contro il pericolo attuale di una offesa ingiusta, sempre

che la difesa sia proporzionata all’offesa.

Nei casi previsti dall’articolo 614, primo e secondo comma, sussiste

sempre il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente

articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati

usa un’arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di

difendere:

a) la propria o la altrui incolumità;

b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo

d’aggressione.

Le disposizioni di cui al secondo e al quarto comma si applicano

anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all’interno di ogni altro

luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o

imprenditoriale.

Nei casi di cui al secondo e al terzo comma agisce sempre in stato

di legittima difesa colui che compie un atto per respingere l’intrusione

posta in essere, con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi

di coazione fisica, da parte di una o più persone.».

 

 

«Art. 55 (Eccesso colposo). — Quando, nel commettere alcuno dei

fatti preveduti dagli articoli 51, 52, 53 e 54, si eccedono colposamente

i limiti stabiliti dalla legge o dall’ordine dell’autorità ovvero imposti

dalla necessità, si applicano le disposizioni concernenti i delitti colposi,

se il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo.

Nei casi di cui ai commi secondo, terzo e quarto dell’articolo 52,

la punibilità è esclusa se chi ha commesso il fatto per la salvaguardia

della propria o altrui incolumità ha agito nelle condizioni di cui all’articolo

61, primo comma, n. 5), ovvero in stato di grave turbamento,

derivante dalla situazione di pericolo in atto.».

 

 

«Art. 165 (Obblighi del condannato). — La sospensione condizionale

della pena può essere subordinata all’adempimento dell’obbligo

delle restituzioni, al pagamento della somma liquidata a titolo di risarcimento

del danno o provvisoriamente assegnata sull’ammontare di esso

e alla pubblicazione della sentenza a titolo di riparazione del danno; può

altresì essere subordinata, salvo che la legge disponga altrimenti, all’eliminazione

delle conseguenze dannose o pericolose del reato, ovvero, se

il condannato non si oppone, alla prestazione di attività non retribuita

a favore della collettività per un tempo determinato comunque non superiore

alla durata della pena sospesa, secondo le modalità indicate dal

giudice nella sentenza di condanna.

La sospensione condizionale della pena, quando è concessa a persona

che ne ha già usufruito, deve essere subordinata all’adempimento

di uno degli obblighi previsti nel comma precedente.

La disposizione del secondo comma non si applica qualora la sospensione

condizionale della pena sia stata concessa ai sensi del quarto

comma dell’articolo 163.

Nei casi di condanna per i reati previsti dagli articoli 314, 317,

318, 319, 319 -ter, 319 -quater, 320, 321 e 322 -bis, la sospensione

condizionale della pena è comunque subordinata al pagamento della

somma determinata a titolo di riparazione pecuniaria ai sensi dell’articolo

322 -quater, fermo restando il diritto all’ulteriore eventuale risarcimento

del danno.

Il giudice nella sentenza stabilisce il termine entro il quale gli obblighi

devono essere adempiuti.

Nel caso di condanna per il reato previsto dall’articolo 624 -bis, la

sospensione condizionale della pena è comunque subordinata al pagamento

integrale dell’importo dovuto per il risarcimento del danno alla

persona offesa.».

 

 

«Art. 614 (Violazione di domicilio). — Chiunque s’introduce

nell’abitazione altrui, o in un altro luogo di privata dimora, o nelle appartenenze

di essi, contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto

di escluderlo, ovvero vi s’introduce clandestinamente o con inganno, è

punito con la reclusione da uno a quattro anni.

Alla stessa pena soggiace chi si trattiene nei detti luoghi contro

l’espressa volontà di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero vi si trattiene

clandestinamente o con inganno.

Il delitto è punibile a querela della persona offesa

La pena è da due a sei anni, e si procede d’ufficio, se il fatto è

commesso con violenza sulle cose, o alle persone, ovvero se il colpevole

è palesemente armato.».

 

 

«Art. 624-bis (Furto in abitazione e furto con strappo). — Chiunque

si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene,

al fine di trarne profitto per sé o per altri, mediante introduzione in un

edificio o in altro luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora o

nelle pertinenze di essa, è punito con la reclusione da quattro a sette

anni e con la multa da euro 927 a euro 1.500.

Alla stessa pena di cui al primo comma soggiace chi si impossessa

della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne

profitto per sé o per altri, strappandola di mano o di dosso alla persona.

La pena è della reclusione da cinque a dieci anni e della multa da

euro 1.000 a euro 2.500 se il reato è aggravato da una o più delle circostanze

previste nel primo comma dell’articolo 625 ovvero se ricorre una

o più delle circostanze indicate all’articolo 61.

Le circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli articoli

98 e 625 -bis , concorrenti con una o più delle circostanze aggravanti di

cui all’articolo 625, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti

rispetto a queste e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità della

stessa risultante dall’aumento conseguente alle predette circostanze

aggravanti.».

 

 

«Art. 628 (Rapina). — Chiunque, per procurare a sé o ad altri un

ingiusto profitto, mediante violenza alla persona o minaccia, s’impossessa

della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, è punito con

la reclusione da cinque a dieci anni e con la multa da euro 927 a euro

2.500.

Alla stessa pena soggiace chi adopera violenza o minaccia immediatamente

dopo la sottrazione, per assicurare a sé o ad altri il possesso

della cosa sottratta, o per procurare a sé o ad altri l’impunità.

La pena è della reclusione da sei a venti anni e della multa da euro

2.000 a euro 4.000:

1) se la violenza o minaccia è commessa con armi, o da persona

travisata, o da più persone riunite;

2) se la violenza consiste nel porre taluno in stato di incapacità

di volere o di agire;

3) se la violenza o minaccia è posta in essere da persona che fa

parte dell’associazione di cui all’articolo 416 -bis;

3 -bis) se il fatto è commesso nei luoghi di cui all’articolo 624 -

bis o in luoghi tali da ostacolare la pubblica o privata difesa;

3 -ter) se il fatto è commesso all’interno di mezzi di pubblico

trasporto;

3 -quater) se il fatto è commesso nei confronti di persona che

si trovi nell’atto di fruire ovvero che abbia appena fruito dei servizi di

istituti di credito, uffici postali o sportelli automatici adibiti al prelievo

di denaro;

3 -quinquies) se il fatto è commesso nei confronti di persona

ultrasessantacinquenne.

Se concorrono due o più delle circostanze di cui al terzo comma del

presente articolo, ovvero se una di tali circostanze concorre con altra fra

quelle indicate nell’articolo 61, la pena è della reclusione da sette a venti

anni e della multa da euro 2.500 a euro 4.000.

Le circostanze attenuanti, diverse da quella prevista dall’articolo

98, concorrenti con le aggravanti di cui al terzo comma, numeri

3), 3-bis), 3-ter) e 3-quater), non possono essere ritenute equivalenti

o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni di pena si operano sulla

quantità della stessa risultante dall’aumento conseguente alle predette

aggravanti.».

 

 

CODICE CIVILE

«Art. 2044 (Legittima difesa). — Non è responsabile chi cagiona il

danno per legittima difesa di sé o di altri.

Nei casi di cui all’articolo 52, commi secondo, terzo e quarto, del

codice penale, la responsabilità di chi ha compiuto il fatto è esclusa.

Nel caso di cui all’articolo 55, secondo comma, del codice penale,

al danneggiato è dovuta una indennità la cui misura è rimessa all’equo

apprezzamento del giudice, tenuto altresì conto della gravità, delle modalità

realizzative e del contributo causale della condotta posta in essere

dal danneggiato.».


Ultime modifiche: lunedì, 6 maggio 2019, 11:27