LEZIONE 13 (8 aprile 2016)
CHARTA E BREVE NELLA DOCUMENTAZIONE ALTOMEDIEVALE
La funzione dispositiva del documento diplomatistico non è stata trascurata dalla diplomatica tradizionale, per quanto riguarda l’alto Medioevo (VIII-XII sec.); in questo periodo emerge documentazione scritta a sufficienza per studiare questo fenomeno in Italia settentrionale (prima longobarda poi franca, vedi fotocopia 41).
Julius Ficker aveva notato la dicotomia tra azione giuridica e documentazione prodotta ad essa inerente. Dopo di lui sono cominciati gli studi sul documento privato di Heinrich Brunner (si occupa della storia giuridica dei documenti romani e germanici) e di Oswald Redlich, il quale fonda la Privaturkundenlehre (diplomatica del documento privato, poco considerato fino a quel momento). Secondo questi ultimi due diplomatisti, nella documentazione altomedievale si ha il seguente dualismo (Dualismus):
Charta-Carta-Cartula | Breve-Notitia-Memoratorium |
Documento in forma soggettiva e al presente (Io Tizio vendo a te Caio un pezzo di terra). | Documento in forma oggettiva e narrativa, al passato (Tizio ha venduto a Caio un pezzo di terra). |
Ha funzione dispositiva, la sua esistenza è essenziale all’esistenza dell’azione giuridica; senza documento non c'è nemmeno azione giuridica. | Ha funzione probativa, serve come memoria e prova scritta di un’azione giuridica che si è svolta in un altro momento. |
Solitamente la datatio è nel protocollo | Solitamente la datatio è nell’escatocollo. |
Solitamente sono presenti le sottoscrizioni di parti (in genere l’autore giuridico), testimoni e scrittore. |
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Tale dicotomia è valida solo per un certo periodo di tempo e per alcuni documenti. Lo dimostriamo attraverso degli esempi tratti dal
Codice diplomatico longobardo (edito da Schiaparelli in 2 volumi, uno del 1929, l’altro del 1933), contiene l’edizione dei documenti relativi al territorio della Langobardia maior (documenti scritti in corsiva nuova, problemi di leggibilità; sono di tipo privato, riguardano le proprietà fondiarie per la maggior parte). Essi sono contenuti in prevalenza negli archivi capitolari italiani (toscani) e sono datati a partire dall’inizio del secolo VIII fino al 774 (conquista franca del regno longobardo). PANI: i documenti editi nel CDL arrivano fino al 774; ovviamente per il periodo successivo alla conquista franca ci sono numerosi documenti dello stesso tipo, editi in altra sede.
Per il periodo precedente non c’è documentazione, i Longobardi ricorrono poco alla scrittura, avendo tradizioni in prevalenza orali. L’Editto di Rotari (643) è la prima raccolta scritta di leggi longobarde ma tratta poco le obbligazioni tra privati, parla piuttosto di diritto penale: su 366+20 capitoli solo 8 riguardano i contratti tra privati. Dunque siamo in una situazione di vuoto legislativo per quanto riguarda questo tipo di rapporti giuridici.
Nel mondo longobardo nel periodo fino circa alla morte di Liutprando appaiono varie chartae che non hanno ancor assunto una funzione dispositiva: da esse appare che l’azione giuridica si è svolta indipendentemente dalla documentazione. Dopo Liutprando (muore nel 744) vediamo come la charta assuma funzione dispositiva. Perché? In primis per l’accostamento lento dei Longobardi alla scrittura. Successivamente, ciò avviene quando ci si rende conto che manca una legislazione per le obbligazioni tra privati. La charta diviene dispositiva, incorpora il diritto perché il diritto manca, diventa diritto essa stessa.
Fotocopia nr. 42: Documento n. 46 (Schiaparelli assegna un numero ad ogni documento edito e dà loro anche un titolo desunto dal testo del documento stesso). La charta venditionis analizzata non ha funzione dispositiva: nell’introduzione si dice che a richiesta del compratore si fa stendere l’atto di vendita. La vendita è però già stata realizzata in un momento antecedente. Rigo 5: eo quod ante-terrula: la vendita è avvenuta in anni precedenti. Rigo 16: modo viro petisti-factum est: richiesta dell’emissione di una carta di vendita. Pag. 154, rigo 11: pro monimine et cautila: il documento viene redatto per sicurezza maggiore.
Fotocopia nr. 43: Documento n. 98, donazione. Anche qui il documento, pur essendo denominato charta, non ha valore dispositivo poiché, come leggiamo nell’introduzione, il donatore emette il documento dopo aver effettuato la donazione. Pag. 284, rigo 3: ante os anno, la donazione era già stata effettuata. Rigo 5: et menime exinde- emisit: non era stata prodotta documentazione all’atto della donazione. Rigo 13: perpetim et foturis-permanead: documento che serve affinchè la testimonianza della donazione permanga nel tempo. Anche qui, al rigo 23, troviamo monimine et cautelat.
Fotocopia nr. 44: Documento n. 152, datato al 761. La charta qui ha assunto valore dispositivo. Rigo 4: promittimus atque spondimus, tempo verbale presente e forma soggettiva. Rigo 19: hoc est et-temtaverimus: sanctio, pena per chi trasgredisce a quanto espresso dal documento. Pag. 70, rigo 6: si nomina il launichild, usanza dei popoli germanici. Valeriano e Liodoaldo, autori del documento, hanno ricevuto un launichild in cambio della consegna del documento stesso alla badessa Anselperga. Esso consisteva in un piccolo dono simbolico (controprestazione) in cambio di qualcosa. Questo perché nel mondo germanico non erano ammessi atti di pura liberalità. Il documento ha inglobato in sé l’azione giuridica.
PANI: la sanctio e il launechild vanno evidenziati perché nella prima si dice che i fratelli si impegnano a non andare "contra hanc cartulam promissionis", il secondo viene dato "pro hai promissionis pagina": dunque non si menziona la semplice azione (promissio) ma proprio il documento di promessa, perché azione e documento sono una stessa cosa.
Osserviamo al rigo 27 la formula post traditam.
Si è notato che, nelle sottoscrizioni notarili alle chartae, appare varie volte la formula: post traditam, che non è giuridicamente necessaria. Vari diplomatisti si sono espressi sul suo significato:
PANI: la formula non si riferisce al momento della traditio, cioè della consegna del documento dallo scrittore alle parti, che è un momento della genesi del documento privato.
Brunner sostiene che si riferisca alla consegna del documento dall'autore al destinatario. Quest’ipotesi è giustificata dal fatto che la formula sia post traditam complevi et dedi.
Schiaparelli sostiene che si tratti di una sorta di corroborazione spirituale al documento (a volte compare la formula post traditam super altare).
La Nicolaj interviene sostenendo che la formula compare più frequentemente dopo la conquista franca del regno longobardo, si trovano a convivere popoli diversi, ognuno vivente secondo le proprie leggi e con un bagaglio giuridico proprio in cui è importante la consegna di simboli (es. consegna di una sorta di dono simbolico, come un rametto o una zolla di terra dopo una transazione di un terreno).
Fotocopie 45a-b: Nella prima si vede un rametto cucito alla parte bassa del documento; nella seconda un coltello come oggetto simbolico.
La formula post traditam si riferisce dunque alla consegna del simbolo per eccellenza, ovvero la charta, che è dispositiva e ingloba il diritto.
Anche per il breve si potrebbe criticare/ampliare la definizione data dai diplomatisti tedeschi.
Questo nome infatti denota varie tipologie documentarie:
- Breve come scrittura seriale
- Breve documentario (accezione dei diplomatisti tedeschi)
- Notitia iudicati (documento processuale)
Breve come scrittura seriale: costituisce un elenco dei dati omogenei. E’ duttile poiché si presta a svariati usi ed è conosciuto già dall’antichità romana. Un esempio è costituito dalla Notitia dignitatum, sorta di organigramma dell’amministrazione imperiale del V secolo. Nel medioevo si tratta tipicamente di inventari di beni e persone (es. 66 Nicolaj).
Fotocopia nr. 46: esempio di scrittura seriale. Anche da coloro che vivevano in epoca medioevale era percepita una gerarchia tra i documenti, al cui vertice stavano i precetti regi e alla cui base i brevi. Le chartae costituivano una via di mezzo tra i due. Il breve era percepito come scrittura meno forte. Interessante l’esempio 295 del Codice diplomatico longobardo poiché rappresenta un breve come scrittura seriale i cui item sono documenti. Chiamato Breve de moniminas. I brevi seriali di questo tipo solitamente non sono muniti di escatocollo né di sottoscrizioni poiché sono aperti a ricevere modifiche e integrazioni. Pag. 442, rigo 25: Brevi decem. Qui non è indicato di cosa parlino i brevi nominati, a dimostrazione del fatto che essi rappresentavano una categoria inferiore nella gerarchia documentaria. Notiamo invece che per le cartule è espresso l’argomento.
Breve documentario (breve propriamente detto): documento scritto da un tecnico in forma oggettiva e narrativa (resoconto di un'azione giuridica). A volte capita che si scriva un breve dopo l’emissione della charta, per avere maggiore sicurezza. Si cerca di dare credibilità e autenticità al documento rinforzare il valore della charta e questa è una delle modalità per ottenerlo (es. 65 Nicolaj). Mabillon li definisce come «veluti historica rei gestae narratio», quasi una narrazione storica di un fatto compiuto.
Fotocopia nr 48: esempio del 1141 di breve documentario. Al primo rigo si legge: Breve pro futuris et modernis temporibus, formula codificata, come pure ad memoriam habendam vel retinendam oppure ad futuram rei memoriam.
Notitia iudicati: documento processuale dell’alto Medioevo. Si colloca tra il breve documentario e il breve seriale. E’ un racconto al passato di ciò che è avvenuto a un processo, fatto in qualche modo elencando i punti salienti, le fasi del dibattimento giudiziario.
Fotocopia nr. 47: La notitia iudicati spesso inizia con Dum in Dei nomine. E’ la cronaca di un processo.
Il dualismo charta-breve è valido ma non esaurisce la complessità della documentazione alto-medievale. Non tutte le chartae sono dispositive e un breve non è necessariamente del tipo 'documentario' delineato dai diplomatisti tedeschi. La dicotomia dura fino al XII secolo, poi c’è l’avvento del notariato. PANI: nell'instrumentum notarile prevarrà la forma narrativa e oggettiva del breve.