LEZIONE 6 (4 marzo 2016)
LEZIONE 6
Dalla materia del sigillo dipende anche la sua forma.
Sigillo di metallo: forma circolare.
Sigillo di cera: diverse forme, in particolare quella a navetta (vedi fotocopie 28c-d-e-f)
L’impressione può essere fatta solo su una o su entrambe le facce del sigillo (dipende dal modo di apposizione).
Controsigillo: entrambe le facce sono impresse. Solitamente sulla facciata principale vi era il simbolo dell’autorità, su quella secondaria quello di una personalità a lei vicina.
Vi sono due metodi di apposizione:
1) Sigilli pendenti
Si affermano dal XII sec. poiché per i documenti potevano essere necessari svariati sigilli di diverse autorità ed apporli sul supporto scrittorio non era possibile. Il lato inferiore del supporto viene piegato (plica), su tale piega si praticano due fori attraverso i quali vengono fatti passare i cordoni alla cui estremità opposta è applicato il sigillo. Nella cancelleria pontificia i cordoni potevano essere di seta, gialla e rossa (documenti solenni), oppure di canapa: vi era infatti la divisione tra litterae cum (filo) serico e litterae cum filo canapis.
2) Sigilli aderenti
I sigilli aderenti possono essere apposti in due modi:
- Incassati (si pratica un taglio a forma di croce sul supporto scrittorio, se ne sollevano i lembi e vi viene colata la cera). Se col tempo cadono o vengono asportati resta un foro sulla pergamena a indicare che vi era la presenza di un sigillo.
- Appuntati (si praticano due sottili tagli a fessura verticale, attraverso i quali viene fatta passare una fettuccia di pergamena, le cui estremità sono unite dalla cera che vi viene versata).
Iconografia dei sigilli: Bascapè ne distingue diverse categorie. Sigilli con figura sacra o umana. Sigilli con figure animali o vegetali, sigilli con vedute di luoghi, sigilli araldici o parlanti (figure che alludono al nome e al titolo dell’autorità) e sigilli diversi (raccolgono tutti i sigilli non compresi nelle altre categorie).
Il Pratesi li considera caratteri estrinseci del documento,
così come le note di cancelleria. Esse riguardano la genesi del documento
pubblico e in genere si trovano sotto la plica. Sono relative al nome delle
parti dei funzionari di cancelleria coinvolti nella redazione del documento o alla tassazione da applicare al documento. Non attinenti al contenuto
del documento, non si possono definire né caratteri estrinseci né intrinseci.
Caratteri intrinseci del documento
Forme relative al modo in cui il contenuto del documento è espresso e il testo è organizzato o costruito. Ogni documento è diviso in tre parti:
1) Protocollo
2) Testo o Tenor
3) Escatocollo
Il testo contiene le informazioni relative all’atto giuridico documentato.
Protocollo: deriva dal greco Protocollon, che designava il primo foglio del rotolo di papiro. Nelle Novellae giustinianee indica la parte iniziale del documento privato, in cui si doveva indicare la data.
Nell’800 i diplomatisti tedeschi coniano il termine escatocollo (da escatos, ultimo).
Fotocopia 29a: diploma imperiale di Corrado III (regnante tra il 1138 e il 1152), che concede al monastero di Pfäfers (in Rezia) la protezione imperiale e il diritto di eleggere l’abate.
Fotocopia 30a: diploma pontificio del 1140, il papa Innocenzo II (in carica dal 1130 al 1142) concede al monastero di S. Giorgio e S. Pancrazio di Kakeling la protezione papale e decreta che esso debba sempre seguire la regola di S. Benedetto.
In diplomi di questo tipo è più facile ritrovare tutte le possibili parti del documento, il documento privato ha struttura più scarna. Caratteri estrinseci di questi due documenti: entrambi sono scritti su un foglio unico di pergamena, con la scrittura parallela al lato più corto. Sono scritti in minuscola diplomatica con alcune parti in litterae elongatae. Il signum presente nel diploma imperiale è il monogramma, i signa del diploma pontificio sono rota e bene valete. Il sigillo del diploma imperiale era aderente, incassato (ne rimane il foro della pergamena), quello del diploma pontificio pendente.
Il protocollo di un documento è strutturato in diverse parti:
1) Invocatio
È presente dall’alto Medioevo e consiste in un’invocazione della divinità, nel cui nome ogni azione giuridica si deve compiere. Sancisce il passaggio dalla romanità laica alla cristianità medievale. Nel documento pubblico è istituita da Carlo Magno, nel documento privato è presente già prima. Può essere simbolica (costituita da un segno o disegno, ad es. monogramma costantiniano, segno di croce, lettere IC oppure lettera C) oppure verbale (in nomine seguito dal genitivo del nome della divinità o della trinità)
Il documento 29a contiene sia invocatio simbolica (lettera C a inizio del primo rigo = chrismon) che verbale (in nomine Sanctae et individuae Trinitatis), poiché le due forme possono essere compresenti. Il documento 30a non contiene invocatio (provenendo dal pontefice essa è sottointesa, visto che tutti i suoi atti dovrebbero essere compiuti in nome di Dio). Inizialmente anche i documenti pontifici contenevano invocatio simbolica, poi questa scompare.
2) Intitulatio
Enunciazione, al nominativo, del nome dell’emittente del documento. A volte è accompagnato dalla formula humilitatis (es. servus servorum Dei per il pontefice, oppure nei documenti imperiali il riferimento alla divinità per legittimare il potere temporale). 29a: tutta la prima riga in litterae elongatae.
3) Inscriptio
Costituita da nome e titolo del
destinatario, espressi al dativo. A volte era scritta sul lato esterno del
documento (per brevi e litterae clausae o secreta sola
signatura ad esempio). Il destinatario può essere una singola persona, una
categoria di persone o l’umanità ideale intera collettività.
29a: non c’è inscriptio.
30a: rigo due, la destinataria è Ermengarda, badessa di Kakeling e le sorelle che le succederanno regolarmente nella reggenza dell’abbazia.
Nel Medioevo la gerarchia tra i ruoli sociali era molto netta e ciò andava ad influire anche sulla redazione dei documenti. Al primo posto venivano le persones excellentes (papa e imperatore), poi le persone laiche ed ecclesiastiche dotate di una propria giurisdizione (duchi, marchesi, conti, vescovi ecc.), poi tutti gli altri. In generale era citata per prima la persona più importante. In caso di parità di ruoli, in un documento si poteva inserire prima l’inscriptio, quindi il destinatario, in senso di rispetto verso questo.
4) Salutatio
Formula di saluto all’accusativo (è sottointeso il verbum dicendi). Esprime affetto-stima nel caso proceda da un superiore a un inferiore, rispetto e obbedienza in caso contrario. Per i documenti pontifici in forma di lettera è formula fissa (salutem et apostolicam benedictionem)
Formula perpetuitatis: esprime il valore di perpetuità delle concessioni del documento.
30a: in perpetuum (metà rigo due), formula tipica dei diplomi.
Altra formula: ad futuram rei memoriam
5) Apprecatio
Parola feliciter o amen, anche ripetuto tre volte.
Non tutte le parti del protocollo sono sempre presenti poiché non tutte sono giuridicamente indispensabili.
TESTO
Si divide in varie parti:
1. Arenga o preambolo
2. Pubblicatio o notificatio
3. Narratio
4. Dispositio
5. Sanctio
6. Corroboratio
7. Apprecatio
L’arenga
è la parte del testo in cui sono espresse le motivazioni ideali e i principi
etici dell’azione giuridica. Contiene i concetti generali e le idee politiche
che sono alla base del documento. Non è giuridicamente necessaria ma
interessante poiché contiene anche riferimenti agli usi di cancelleria.
PANI: è interessante sotto due riguardi 1) le stesse cancellerie per lo stesso tipo di documenti possono usare le stesse aringhe (principio dell'uniformità di cancelleria); 2) per il significato politico sottinteso.
29a: Righi 2 e 3, Si religionorum virorum- non dubitamus. L’imperatore è generoso verso i beni della Chiesa sia per la tranquillità in questa vita che per la beatitudine in quella futura.
30a: seconda metà del secondo rigo- quarto rigo. In apostolicae sedis-attentius laborare. Le chiese rispettano la sede pontificia ed è giusto che questa ricambi concedendo protezione e tutelandole.
La pubblicatio è legata all’arenga da un avverbio che esprime causalità (es. itaque, ideoque ecc.). È una formula con cui si dichiara la necessità che quanto espresso nel documento sia portato alla conoscenza di tutti o del destinatario (in tal caso si parla di notificatio). Esiste sia in formula oggettiva (es. Manifestum sit) che soggettiva (es. Notum facio), in prima o terza persona singolare.
29a: fine rigo terzo- metà del quarto: Quapropter omnium Christi- noverit industria.
30a: contiene solo il nesso causale quam ob rem (fine rigo quarto), non c’è pubblicatio.
La narratio consiste nella narrazione o esposizione delle circostanze reali che hanno portato all’azione giuridica. Tracce nei momenti della petitio e intercessio (genesi del documento pubblico).
30a: tuis votis paterna-assensum (rigo quinto).