Come è tradizione del corso visita in un cantiere perché il futuro non è un sostantivo. È un verbo. Costruire. Un’azione che separa il “prima” dal “dopo”. In cantiere si respira il tempo che cambia forma. Non è solo un luogo di lavori in corso, ma un laboratorio vivente di possibilità. Qui, tra ponteggi e planimetrie, il futuro smette di essere un’astrazione per diventare materia, tensione, scelta. Come ricorda Eleonora Barbieri Masini, lavorare con i futuri non è prevedere ma prepararsi in modo responsabile. È guardare al futuro per capire cosa fare oggi. È un atto di cura verso chi verrà. E proprio per questo, credo che insegnare futuri significhi uscire dall’aula. Sporcarsi le mani di realtà per mostrare che l’immaginazione, senza progetto, rischia di diventare solo desiderio; ma il progetto, senza immaginazione, è privo di anima. Il filosofo Paul Valéry diceva: “Il futuro non è più quello di una volta.” E aveva ragione. Ma forse non è un male. Forse è un invito a costruirlo. Insieme.