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    • Ascoltare il futuro: interviste strategiche per leggere segnali. Gli studenti dopa avere metabolizzato, nella precedente lezione,  il metodo delle interviste strategiche, uno strumento sviluppato e raffinato all’interno del corporate foresight della Shell per anticipare i futuri possibili, imparando l’arte di porre domande aperte, esplorative e non lineari, capaci di attivare narrazioni profonde e visioni implicite sul futuro, in questa lezione hanno concretamente condotto alcune interviste.

    • La lezione si è concretizzata in un laboratorio  in aula, in cui gli studenti  hanno commentato le brevi interviste reali che hanno fatto sui futuri delle città. Ogni intervista è stata seguita da un momento di riflessione collettiva per estrarre insight, costruire sensemaking collettivo e identificare potenziali input per scenari futuri che saranno sintetizzati in uno schema oggetto di studio nella lezione dell’8 maggio

      Obiettivo della lezione:

      Far comprendere che il futuro non si prevede, ma si ascolta e si coltiva nel dialogo. Le interviste strategiche diventano così uno strumento trasformativo, capace di generare visioni condivise, sbloccare nuovi immaginari e mappare la complessità in modo partecipativo e umano.

    • Come è tradizione del corso visita in un cantiere perché il futuro non è un sostantivo. È un verbo. Costruire. Un’azione che separa il “prima” dal “dopo”. In cantiere si respira il tempo che cambia forma. Non è solo un luogo di lavori in corso, ma un laboratorio vivente di possibilità. Qui, tra ponteggi e planimetrie, il futuro smette di essere un’astrazione per diventare materia, tensione, scelta. Come ricorda Eleonora Barbieri Masini, lavorare con i futuri  non è prevedere ma prepararsi in modo responsabile. È guardare al futuro per capire cosa fare oggi. È un atto di cura verso chi verrà. E proprio per questo, credo che insegnare futuri significhi uscire dall’aula. Sporcarsi le mani di realtà per mostrare che l’immaginazione, senza progetto, rischia di diventare solo desiderio; ma il progetto, senza immaginazione, è privo di anima. Il filosofo Paul Valéry diceva: “Il futuro non è più quello di una volta.” E aveva ragione. Ma forse non è un male. Forse è un invito a costruirlo. Insieme.