A mio parere è giusto importare nelle mense scolastiche le diverse tradizioni culinarie adattandole alla cultura locale. Sicuramente lo stufato di cane per esempio, così come altri piatti, lontani dalle classiche e familiari tradizioni gastronomiche, potrebbero stravolgere la sensibilità e le abitudini alimentari locali basate ovviamente su altri MODELLI DI alimentazione. Tuttavia aggiungere pasti come cous cous, riso e/o altre pietanze tipiche di altre culture aumenterebbe la varietà dei menu, la curiosità e la conoscenza delle diversità etnico-culinarie e sicuramente l'integrazione.
relativismo culturale nella gestione di una mensa scolastica
Ri: relativismo culturale nella gestione di una mensa scolastica
Concordo. In un mondo che è sempre più intrecciato, introdurre ai bambini un cibo diverso da quello che sono soliti consumare sicuramente li aiuterebbe a capire sin da piccoli che esistono culture diverse dalla loro. Il cibo potrebbe essere un modo semplice per il bambino di conoscere e riconoscere l'altro da se, tenendo conto del contesto culturale in cui queste nuove pietanze vengono inserite.
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Sono d'accordo con quanto detto sull'introduzione di pietanze a noi non familiari, io però interpreto la domanda anche in un altro modo. Secondo me possiamo interrogarci sul fatto se sia giusto o meno offrire dei menù diversi a coloro che hanno specifiche esigenze, ad esempio di carattere religioso. A mio parere è una cosa sensata. Molte mense scolastiche già propongono dei menù alternativi: ai bambini musulmani, se lo desiderano, viene servito del pollo al posto del maiale previsto per gli altri, o pizza con il formaggio al posto di quella con il prosciutto. Se io dovessi trovarmi in una mensa di un altro paese con magari un unico menù a base del già citato stufato di cane, mi troverei in seria difficoltà e finirei con il non mangiare niente. Un menù alternativo sarebbe quindi più che benvenuto.
Certamente questo non significa offrire nelle nostre mense cibi da noi ritenuti non commestibili, bensì trovare un compromesso che, per quanto possibile, non metta nessuno in difficoltà.
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Sono d'accordo anche io con quanto scritto sopra. Introdurre i bambini a diversi modelli culinari significa introdurli fin da subito a diversi approcci alla vita e, di conseguenza, a diversi comportamenti culturali. L'abitudine a mangiare altri alimenti, rendendo i bambini consapevoli delle origini e delle tradizioni che vi sono alla base, permetterebbe lo sviluppo di schemi classificatori diversi, e quindi una categorizzazione del mondo più interculturale, di apertura e di inclusione, e non basata su modelli rigidi.
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Non solo questo agevolava le persone che magari hanno particolari diete o abitudini alimentari, ma la cosa che mi ha sorpreso molto è stata la varietà che c'era giorno dopo giorno e che mi ha fatto scoprire piatti tipici di altri Paesi, quali Grecia, Turchia, Giappone, Cina, India, Messico e molti altri.
Questo potrebbe essere uno spunto per le nostre mense. Probabilmente in Germania si proponevano specialità di altri Paesi, perché l'università di Gottinga è ricca di studenti internazionali ed è abituata, dunque, ad un'ambiente multiculturale in cui si cerca di accontentare tutti i gusti e le necessità.
Se questa tipologia di mensa venisse proposta anche in Italia e nelle mense scolastiche, anche frequentate da bambini, si riuscirebbe a renderli più aperti nei confronti di altre culture e tradizioni sin da subito, abituandoli all'idea che il nostro mondo si sta "mescolando" sempre di più e che non esistono più barriere.
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Sono d'accordo con le vostre argormentazioni, ma cosa succede quando andiamo a toccare dei cibi 'impensabili' o intoccabili?
se avete compilato la lista dei cibi commestibili capirete quanto siano condizionanti fattori di categorizzazione, soprattutto sulla purità/pericolosità/contaminazione dei cibi NEL nostro corpo disciplinato culturalmente. Dietro ci sono modalità di categorizzazione e posizionamento rispetto alla diveristà (un esempio recente: la gaffe del governatore veneto sui cinesi e cosa mangiano come veicolo dei virus). Il punto è fino a quale punto si riesce a condividere un tabù alimentare?
Ri: relativismo culturale nella gestione di una mensa scolastica
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Penso che i tabù alimentari influenzino più di quanto immaginiamo. Nella lista c'era ad esempio il cavallo. Per la nostra cultura il cavallo è commestibile, ma in un'ottica di occasione di pasto con altre persone ci si può ritrovare nella situazione di ledere la sensibilità di alcuni conviviali e di indurgli un senso di nausea, come potrei immaginare possa capitare a me se qualcuno ordinasse le famose "Escargò" (nel mio comune in provincia di Padova hanno perfino aperto una lumacheria...). Questa è una buona occasione per rifletterci. Considerando che a volte, nemmeno il metodo di preparazione riesce a rispettare le altre culture, la soluzione che mi viene da proporre sarebbe che ognuno si porti il cibo da casa, ma a quel punto, nei modelli personali/famigliari (li limito perché per l'esempio del cavallo non siamo più nemmeno nei culturali...) potremmo incorrere nel problema dei tabù e del disgusto indotto. Forse, bisognerebbe prendere in considerazione, l'idea di creare una dieta neutra rispetto alla variegata. Prendendo le differenze culturali di un determinato ambiente, considerando i fabbisogni nutrizionali degli utenti, e presentando una cucina che cerchi di rispettare anche nelle preparazioni, i tabù e le culture di tutti. In fondo si para di un pasto al giorno e non di tutti i pasti, le tradizioni possono essere mantenute nell'ambiente famigliare.
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Sulla base di ciò sono comunque d'accordo con quanto scritto precedentemente dai miei colleghi, ovvero ritengo giusto introdurre nelle mense scolastiche i cibi delle diverse tradizioni culinarie e religiose, questo perché ormai siamo una società sempre più interculturale e sarebbe rispettoso nei confronti del singolo individuo e della sua cultura.
Questo aiuterebbe i bambini fin da piccoli a conoscere le alterità, le altre culture diverse dalla propria, che li circondano e, magari, anche a sperimentare, spinti dalla curiosità tipica dei bambini, queste novità diverse dalle abitudini che vivono a casa, nella propria cultura, così da ridurre i loro tabù alimentari. Proprio spingerli fin da piccoli a conoscere altre alterità li porterà da grandi a non cascare in gaffe come quella del presidente della giunta regionale del Veneto su quello che mangiano i cinesi.
Credo comunque che non debba essere imposto un pasto di una determinata cultura/religione solo a chi vi appartiene, ma che ci sia la libera scelta per ogni bambino (ovviamente se la propria cultura e/o religione lo consente), così da evitare che ci si possa sentire diversi, oltre al fatto di spingere a conoscere l'altro da sé.
Probabilmente a causa di questi tabù alimentari, di questi cibi che vediamo come impensabili o intoccabili l'ostacolo più grande che si incontrerebbe nel realizzare una mensa scolastica con un menù che spazia su ogni etnia e religione sarebbero i genitori che non riescono ad entrare in quest'ottica, cosa comprensibile poiché abituati da tutta la vita alla propria cultura. Allo stesso tempo però credo che potrebbe non esserci nemmeno questo ostacolo, perché alla fin fine siamo circondati da ristoranti appartenenti ad ogni cultura, frequentati ormai da tutti, non solo da chi vi appartiene direttamente.
Ri: relativismo culturale nella gestione di una mensa scolastica
Sono d'accordo con quanto sotengono i miei colleghi riguardo la necessità di abituare sin da piccoli i bambini a confrontarsi con cibi diversi da quelli della loro cultura. Oltre a quanto hanno detto vorrei aggiungere che a volte le pietanze di altre culture possono rendere cibi sani che i bambini faticano a mangiare molto più appettibili e invitanti rendendo la dieta proposta dalla mensa scolastica più corretta. Per quanto riguarda i tabù legati al cibo credo siano anche legati a una concezione di superiorità sottointesa con cui cresciamo, pensando che determinati cibi siano sinonimi di poco sviluppo e poca igiene della popolazione da cui provengono. Sentimento che abbiamo visto riemergere anche nei confronti della Cina in questo periodo.
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Io se penso ai tabu culinari li associo ai racconti di mio nonno, il quale mi raccontava che mangiavano porcospini, scoiattoli e volatili vari. Descrivendoli come molto buoni a patto che li sapessi cucinare. Certo erano altri anni , c'era fame e non si aveva la fortuna di poter scegliere come adesso. Erano anni in cui si mangiavano anche le radici delle verdure o i noccioli delle cigliege pur di sazziarsi.
Beh non so voi, ma pensare al porcospino arrosto o allo scoiattolo in umido in una mensa scolastica non so quanti genitori o studenti ne sarebbero felici (animalisti esclusi), indipendentemente dal quantitativo di curry o coriandolo utilizzato.
Eppure rappresenterebbero una parte della nostra di cultura, delle nostre di origini. Purtroppo, viviamo sempre più in un contesto culturale appiattito che sempre meno ci espone alla propensione verso il diverso.
Scusate il ritardo con cui sono arrivato nella discussione ma ci tenevo ad esprimere comunque un mio personale parere