LEZIONE 11 (1 aprile 2016)
LE FUNZIONI DEI DOCUMENTI
Perché si scrivono i documenti diplomatistici? A che cosa
servono questi scritti di natura giuridica redatti secondo determinate forme?
In
diplomatica esiste la dicotomia tra azione giuridica e documentazione.
Azione
giuridica: atto o fatto che producono azione effetti giuridici, vanno ad incidere nella
sfera del diritto. Documentazione: la scrittura di questa azione giuridica
secondo forme idonee; (documentazione può significare anche insieme/complesso dei documenti, ma qui è inteso nel senso di scrittura dell’azione giuridica).
Tale distinzione tra azione giuridica e documentazione venne messa in
luce solo nel XIX secolo, in particolare da un diplomatista tedesco, Julius
Ficker, il quale studiava i documenti di cancelleria e si accorse di alcune
incongruenze: i testimoni menzionati in certi diplomi,
alla data indicata erano già morti o non ricoprivano le cariche attribuite. Da
qui Ficker capì che azione giuridica e documentazione sono due realtà
distinte e che possono avvenire in momenti diversi. Ma se sono due fasi diverse, data
un’azione giuridica, la documentazione è sempre necessaria? Perché all'azione giuridica si fa
seguire la documentazione?
Nel mondo romano non era necessario il contratto tra privati
in forma scritta. DOC. 37, dalle Institutiones di Gaio, libro di diritto romano
scritto dal giurista Gaio, vissuto nel II secolo d.C. Nel terzo libro di
quest’opera si parla di obligationes,
cioè contratti tra privati in cui una parte deve compiere nei confronti di un'altra una certa
prestazione, dei cui mancato adempimento risponde con il proprio patrimonio. Gaio dice che le
obbligazioni nascono da illecito (ex
delictu) o da contratto (ex contractu).
Quest’ultime possono essere di quattro tipi: 1. Re: per mezzo di una cosa. Il contratto nasce mediante la consegna
di qualcosa che implica restituzione (esempio: mutuo). 2. Verbis: dalle parole (cioè orale). Forma
detta stipulatio, la più diffusa per
il contratto tra privati, usata per secoli, in uso ancora in età
giustinianea. Forma contrattuale orale tra due parti alla presenza di testimoni,
attraverso forme precise, ad esempio il verbo della domanda deve essere richiamato nella
risposta (Promittis? Promitto. Dabis? Dabo). 3. Litteris (vedi dopo). 4. Consensu. Contratto che nasce quando è
sufficiente un normale accordo tra le parti, senza testimoni o stipulatio (neanche parole tipiche di
certe compravendite o la scrittura). Ora riprendiamo la terza categoria di Gaio,
litteris: contratti per iscritto.
DOC. 37 dal paragrafo segnato come 128. Gaio dice che i contratti per iscritto
avvengono come nel nomen transcripticium,
istituto arcaico, già decaduto all'epoca in cui Gaio scriveva, che consisteva nello scrivere da parte del pater familias, nel libro di famiglia, i nomi dei debitori e dei creditori
con un dettato molto preciso e formalizzato. In particolare nel libro delle
entrate: id expensum tibi fero, cioè
tu mi devi (riporto che ho speso questo per te); nel libro delle uscite: id acceptum a te fero, cioè io ti devo
(riporto che ho ricevuto questo da te). Questo è il modo di creare obbligazioni per iscritto nell’età romana e per Gaio è questo l’unico contratto scritto (nonostante sia
già in disuso). DOC. 37, paragrafo 134. L’altro contratto per iscritto che
menzione Gaio è quello dei chirografi
e dei singrafi, termini quasi
sinonimi, che riguardano documenti autografi. Nel primo caso il debitore parla in prima persona (io
Tizio devo dare a Caio), nel singrafo
invece è in terza persona (Tizio deve dare a Caio). DOC. 37, ultima riga del
paragrafo 134. Gaio ci dice che questo è un genere però usato solo dagli
stranieri (con riferimento ai Greci, da cui poi attecchirà nel mondo latino).
Quindi le uniche due forme di contratto scritto, secondo quanto ci viene
riferito da Gaio, sono solo un istituto arcaico e ormai in disuso e l’altro
tipico solo degli stranieri, lasciando quindi intendere che i romani non ne
facevano uso, perché non si smette di utilizzare la forma della stipulatio, quella più diffusa, anche
quando si diffonderà l'uso del contratto scritto (II-III secolo).
Esiste un passo molto significativo
di una costituzione giustinianea in cui appare in maniera piuttosto chiara
che la forma scritta è solo una delle possibili opzioni di formulazione di un
contratto. Fotocopia nr. 38. Siamo nel Codex, che contiene le constitutiones organizzate in libri (qui siamo nel quarto libro) e
suddivise in titoli o temi (questo è
il ventunesimo). Questa è la constitizione numero diciassette, del 528 d.C., che ha per titolo De fide instrumentorumsulla fede dei documenti. Giustiniano dice che se si decide
di fare il documento per iscritto (l’instrumentum),
esso potrà produrre effetti giuridici solo se sarà in bella copia con le
sottoscrizioni e, se scritto da un tabellione, sottoscritto dal tabellione e
consegnato alle parti. Nessuno può rivendicare diritti se il documento non soddisfa tutti questi requisiti. Chi è il tabellio?
Egli è una figura emergente nel II e III secolo, periodo in cui inizia a diffondersi
il documento scritto tra privati. Egli è un tecnico che scrive su tabellae (tavolette di cera). Giustiniano (VI secolo) dice: “quo in scripts fieri placati / quos instrumento fieri convenit”, quindi deduciamo
che il documento scritto è solo una forma tra le possibili opzioni di
contratto. Significa che si continuava a ricorrere alla stipulato; è vero che si diffonde l’uso del documento scritto dal II
secolo, ma questo non sostituisce gli altri tipi di contratto.
Se la scrittura del documento almeno in certi casi non è indispensabile all'efficacia dell'azione giuridica, perché si scrivono i documenti? Perché questo
uso del contratto scritto (derivato dai Greci) ha influenzato il mondo latino?
La scrittura è una memoria più durevole rispetto alle parti e ai testimoni,
quindi serve per sentirsi più garantiti, per sentirsi tutelati nei propri
diritti in caso di conflitto di interessi, per avere una prova in caso di processo.
In questo modo individuiamo una delle principali funzioni del documento: quella probativa o probatoria. Il termine romano-giustinianeo instrumentum si riferisce proprio a
questo contesto, all’istruttoria di un processo.
Ma un
documento diplomatistico non nasce necessariamente con questa funzione, anche
se il profilo probatorio è l’angolazione privilegiata con cui è sempre stato
studiato. Fotocopia nr, 39. Definizioni di documento (diplomatistico) nei manuali.
Bresslau dice che lo scopo del documento scritto è quello di testimoniare dei
fatti di natura giuridica, quindi ha solo funzione probativa. Pratesi dice che
ha valore di testimonianza e di prova, cioè esprime lo stesso concetto di funzione
probativa esclusiva.
Questa è la visione tradizionale della diplomatica che
dipende dal Mabillon, che nel 1681 pubblica il De Re Diplomatica in sei libri, con l'obiettivo
è di fornire i parametri per valutare la falsità e la genuinità dei documenti,
ai fini della ricerca e della ricostruzione storica. Quindi la diplomatica nasce come ars secernendi diplomata vera ac falsa,
oppure anche come veri ac falsi discrimen in
vetustis membranis.
Il problema di documenti falsi è un problema che si era sentito anche nella tarda antichità e nel medioevo, ma fino all’umanesimo
la critica sui falsi riguardava documenti contemporanei o di poco antecedenti, con fini eminentemente pratici.
Tutto il medioevo è stata un’epoca che ha
prodotto molti falsi. I produttori di falsi, fino a tutto l’alto medioevo, sono
principalmente uomini di chiesa, che cercavano di attribuire o confermare alla propria istituzione diritti o
beni. Nel basso medioevo i falsari non sono solo monasteri,
ma anche singole persone o città che producono falsi per crearsi
un passato glorioso. Di questo c’era coscienza anche nel
medioevo, ma lo spirito critico si affina durante l’Umanesimo (cfr. Lorenzo Valla e la Donatio
Costantiniana).
Nel XVI secolo si potenzia questo approccio critico, nello
spirito della controriforma, in particolare tra 1559 e 1574 ci sono i
centuriatori di Magdeburgo, i quali compilano una storia divisa per centurie
(secoli) e dimostrano la falsità di alcuni documenti (per esempio la raccolta delle decretali pseudo-isidoriane, raccolta di norme di diritto canonico attribuite a un pontefice ma che si che si dimostra essere stata compilata nel IX secolo da Isidoro
Mercatore). Risposta della chiesa sono gli Annales
ecclesiastici del cardinale Cesare Baronio, il quale realizza una compilazione con vaglio critico delle fonti dirette, ai fini della
ricostruzione storica.
Il Mabillon si colloca nel secolo successivo (il XVII
appunto), considerato il secolo dei bella diplomatica, cioè dispute che si
svolgono in Germania (con finalità più pratiche) e in Francia (con connotazione più dottrinale) esaminando i
documenti antichi. In particolare in Francia inizia la pubblicazione degli Acta sanctorum quotquot toto orbe coluntur,
sotto Jean Bolland, una compilazione mastodontica (ancora non terminata) di dossier dei
santi secondo l'ordine del calendario, pubblicati eliminando le
notizie leggendarie attraverso lo studio dei documenti. Alla morte del gesuita
Bolland, l’impresa viene assunta da un altro gesuita. Daniel von Papebroch, il
quale pubblica nel 1685 un trattatello dal titolo: Propylaeum antiquarium circa veri ac falsi discrimen in vetustis
membranis. Egli parte da un documento conservato in un monastero
benedettino e dimostra che è falso, quindi spiega metodi e paramtrie L’opera
del Mabillon nasce come risposta a questo trattatoello (in una disputa interna tra
benedettini e gesuiti), ma è un’opera che farà scuola e creerà un sistema. Nel
primo libro: caratteri estrinseci (analisi della scrittura in particolare); nel
secondo libro: caratteri intrinseci (in particolare forme e lingua); nel terzo
libro: studio di casi (esempi); nel quarto libro: elenca i palazzi francesi in
cui erano stati emanati diplomi; nel quinto libro: riproduzione manuale di
scritture; nel sesto libro: edizione di testi (esempi).
La diplomatica nasce con lo scopo di fornire parametri per valutare la falsità o la credibilità di un
documento a fini giuridici-processuali e per la ricostruzione storica (è dunque una disciplina
ausiliaria della storia). Da Mabillon a Pratesi la diplomatica non si è
staccata da questa visione del documento. Di fatto fino alla Nicolaj la
diplomatica è rimasta quella del Mabillon, in cui si studiano le forme del
documento e stabilisce se è falso o meno attraverso la sua analisi.
Ma siamo sicuri che un documento nasca sempre con funzione probatoria? Può essere la sua funzione sì, ma può essere anche una sua funzione secondaria. Sicuramente un documento non nasce per servire alla ricostruzione storica! Una delle sue funzioni è quella probativa, ma ci sono altre possibili funzioni del documento.